È in aumento la prevalenza della colesterolemia (più 28,7%), secondo l’Istituto superiore di sanità (ISS). Ma la cosa grave è che il 40% della popolazione generale non è consapevole di avere livelli di colesterolo fuori dalla norma, mentre solo il 24% degli uomini e il 17% delle donne è curato efficacemente. Nella sua forma familiare l’ipercolesterolemia colpisce nel mondo circa una persona su 200-500, ma in Italia viene diagnosticata solo nell’1% dei casi. Sono questi i dati impressionanti emersi a Roma, alla Camera, in un confronto sul tema delle nuove terapie in arrivo per il trattamento dell’ipercolesterolemia.
«L’ipercolesterolemia è una condizione molto diffusa e uno dei fattori di rischio più comuni per lo sviluppo di malattie cardiovascolari. Il trattamento di prima linea per questa patologia è quello con statine ad alta intensità, la cui somministrazione è finalizzata alla riduzione dei livelli di colesterolo LDL nel sangue e al raggiungimento dell’obiettivo terapeutico prefissato», spiega Massimo Uguccioni, direttore UOC Cardiologia 1 e UTIC dell’Ospedale San Camillo di Roma. «Purtroppo non in tutte le popolazioni di pazienti il raggiungimento di questi target avviene in maniera adeguata perché si manifestano eventi avversi durante trattamento con statine o perché alcuni soggetti hanno un profilo di rischio molto elevato ed elevati livelli di colesterolo LDL già prima del trattamento, spesso dovuti a ipercolesterolemia familiare (FH). Per loro sono in arrivo nuovi farmaci, gli inibitori del Pcsk9, in grado di ridurre i livelli di colesterolo anche del 70% rispetto al valore basale».
Per l’esperto l’utilizzo di queste nuove armi terapeutiche deve andare di pari passo con una maggiore attenzione all’identificazione dei soggetti con ipercolesterolemia familiare, che resta ancora oggi una patologia ampiamente sottodiagnosticata e sottotrattata. Per questo possono essere molto efficaci alcuni strumenti di semplice utilizzo come il "Dutch Lipid Score", ovvero un sistema a punteggi, che permette di identificare i soggetti con elevata probabilità di malattia in base alla presenza di alcuni parametri clinico-laboratoristici di facile acquisizione.
I nuovi farmaci, che sono anticorpi monoclonali completamente umani in grado di inibire l’enzima PCSK9 (proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9), consentono un adeguato riciclo dei recettori LDL permettendo al fegato di assorbire correttamente il colesterolo LDL. Le nuove molecole, da poco disponibili sul mercato, sono attualmente in fase di negoziazione con l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Dipenderà ora dalle regioni, alla luce della nuova legge di bilancio 2017, spiega una nota. Individuare le risorse destinate all’accesso dei nuovi farmaci.