Nel lungo termine la chirurgia metabolica sembrerebbe più efficace della terapia medica del diabete di tipo 2. Ad affermarlo è uno studio multicentrico condotto dall’Università Cattolica e il Policlinico Gemelli di Roma, in collaborazione con il King’s College di Londra. L’indagine, pubblicata sulla rivista Lancet del 5 settembre scorso, è la prima a mettere a confronto i risultati a 5 anni della chirurgia metabolica rispetto alle cure non interventistiche del diabete su un campione di 60 persone con diabete di tipo 2 fra i 30 e i 60 anni con indice di massa corporea (BMI) superiore a 35 sottoposti in maniera casuale a uno dei seguenti trattamenti: dieta, esercizio fisico, ipoglicemizzanti orali e/o insulina, oppure a chirurgia metabolica con due varianti: bypass gastrico o diversione bilio-pancreatica. L’analisi dei dati ha così evidenziato come il diabete fosse ancora in remissione a 5 anni nella metà degli operati, rispetto a nessuno dei pazienti sottoposti a terapia standard. Inoltre, i soggetti operati hanno mantenuto livelli di glicemia inferiori per tutta la durata dello studio, con un’assunzione più limitata di farmaci antidiabetici e cardiovascolari. Infine, il rischio cardiovascolare nel gruppo sottoposto a trattamento chirurgico è apparso dimezzato rispetto ai pazienti in terapia medica, con una qualità di vita decisamente migliore. Secondo Francesco Rubino, direttore della cattedra di Chirurgia bariatrica e metabolica al King’s College, questo nuovo approccio terapeutico al diabete può garantire un controllo glicemico ottimale e un ridotto fabbisogno di insulina e di altri farmaci, con vantaggi anche sulla spesa sanitaria.