Due farmaci super economici e largamente utilizzati da anni si sono dimostrati utili nelle malattie cardiovascolari al punto da poter essere considerati salvavita. Il primo è la colchicina, un alcaloide antinfiammatorio di origine naturale (vegetale) contro l’artrite gottosa: ricercatori australiani ne hanno evidenziato la capacità di ridurre i livelli delle pericolose proteine proinfiammatorie rilevabili nei disturbi cardiaci migliorando significativamente la salute del cuore. Il secondo è lo spironolattone, uno steroide sintetico utilizzato per la prima volta nel 1959 come diuretico risparmiatore di potassio, che potrebbe rivelarsi utile nei casi di ipertensione persistente: quasi "scandaloso" il suo costo, a confronto con altri antipertensivi, che si aggira intorno ai 2 euro.
La ricerca sulla colchicina, guidata dal cardiologo Sanjay Patel dell’Istituto di ricerca cardiologica dell’Università di Sydney e pubblicata sul Journal of the American Heart Association (JAMA), promette di rivoluzionare il trattamento delle malattie cardiache ad alto rischio di infarto. La sperimentazione su 40 pazienti affetti da sindrome coronarica acuta ha dimostrato la capacità della colchicina di ridurre del 40% fino all’80% i livelli dei tre principali marker di infiammazione.
«Se potremo confermare il successo delle sperimentazioni in studi più ampi - sottolinea lo scienziato australiano - avremo a disposizione una nuovissima terapia in grado di migliorare notevolmente le prospettive dei pazienti cardiopatici». Il trattamento è particolarmente promettente poiché i pazienti oggetto della sperimentazione già ricevevano gli altri trattamenti offerti a persone a rischio di attacchi cardiaci.
Una rivoluzione terapeutica in ambito cardiologico: «La maggior parte dei trattamenti correnti mirano ad abbassare la pressione sanguigna, a ridurre la colesterolemia o a rendere il sangue più fluido mediante farmaci antiaggreganti e anticoagulanti. In questo caso l’obiettivo è completamente nuovo: ridurre l’infiammazione associata alla patologia cardiovascolare», conclude il clinico australiano.