«Perdere peso, ma soprattutto non riacquistarlo nel tempo, una missione impossibile se si analizza la salute della popolazione mondiale che registra più di 2 miliardi di persone in sovrappeso od obese secondo gli ultimi dati diffusi al 22° congresso della Società europea dell’obesità (Easo) di Praga». A sottolinearlo è Roberto Castello, past president dell’Associazione medici endocrinologi (Ame), che aggiunge: «Il numero delle persone obese o in sovrappeso è in costante crescita e non c’è piena consapevolezza dei rischi che questo stato comporta».
Ma davvero è così difficile perdere peso? «Impossibile se si considera la dieta come un periodo, più o meno lungo, di restrizione calorica senza una modifica dello stile di vita e un cambiamento relativo all’investimento emotivo sul cibo» spiega Amelia Brunani, endocrinologa dell’Irccs Ospedale San Giuseppe di Piancavallo, Verbania. «L’errore è di sottovalutare il problema, di procedere con diete fai-da-te e non considerare che ogni regime dietetico ha un riflesso sul metabolismo neuroendocrino». Infatti, secondo l’indagine condotta dal Centro americano per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) di Atlanta, solo il 15% di pazienti in sovrappeso od obesi mantengono un calo ponderale del 10% a distanza di un anno. Una possibile spiegazione è la discontinuità a seguire regimi dietetici troppo rigidi per lunghi periodi, ma esiste anche un’altra spiegazione: lo sviluppo di meccanismi di adattamento metabolico alla perdita di peso e un aumento della fame per la comparsa di modificazioni ormonali che determinano un recupero di peso.
«In pratica - spiega l’endocrinologa lombarda - ogni tentativo di dieta lascia una memoria metabolica che a sua volta sviluppa, nel tempo, dei meccanismi di resistenza alla perdita di peso. È il concetto stesso di dieta ad essere sbagliato: non si otterranno risultati duraturi se da un regime di dieta non si passa ad un cambio stabile di stile di vita inteso come alimentazione e attività fisica».
Va detto però che anche una perdita di peso modesta, pari al 5-10% del peso, porta ad una riduzione dei fattori di rischio e quindi alla prevenzione di diverse patologie associate all’obesità quali diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, ipertensione, dislipidemia, apnee notturne, steatosi epatica, osteoartrosi e depressione. La scelta dietetica deve considerare sesso, età , massa muscolare, patologie associate e farmaci assunti, ma anche tipo di lavoro e abitudini alimentari magari legate all’identità culturale (nazionalità , religione).
«Se la valutazione della perdita di peso a breve termine è diversa usando schemi nutrizionali diversi, è molto più importante la valutazione dei risultati a lungo termine. Quindi - conclude Amelia Brunani - mai diete fai-da-te che possono rivelarsi dannose e rivolgersi sempre ad uno specialista, soprattutto in presenza di patologie concomitanti come diabete e/o ipertensione. In questo caso lo specialista potrà dare indicazioni specifiche sullo stile di vita da adottare non solo per "dimagrire", ma anche per la cura delle patologie esistenti».